Quando scende la sera in estate l'aria parla e mi porta i gesti di là fuori, mondo lontanissimo. c'è la musica dolce di un film per la televisione, le cui note di pianoforte giungono a me estranee a quella banalità di intrattenimento, ci sono i rombi scoppiettanti dei motorini della compagnia, che mi fanno venire voglia di essere altro dalla mia attuale riflessività. E ne passa uno più quieto mischiato ad un aereo lontano, passa e non lascia scie luminose, in questa notte di nuvole. Il mio gatto miagola dal balcone, forse curioso ed indispettito dalla sua costrizione domestica. Come lui anche io tendo l'orecchio e voglio evadere. Li sento forte, i pensieri, in questo falso silenzio dell'intorno. Le voci non trovan posto la sera e stanno chiuse nelle case, nel timore delle notti d'estate, così dense di altri protagonisti. Le parole, invece scorrono veloci sopra fogli raccolti con nastri, progetti di spunti, taccuini scarabocchiati e fazzoletti di bar. Scivolano una dopo l'altra, lasciando la mente leggera, anche se è liberazione solo apparente: sono catene di associazioni che nascono dalla sensibilità acuita per opera del vento leggero, che muove i capelli.
Fisso il cielo, ma sono solo nuvole che fuggono con lo sfrecciare delle auto, che passano laggiù, sulla tangenziale della grande città.
Dove sono io in tutto questo scorrere non lo so proprio, lascio che l'ansia si perda nella carezza del vento sul mio naso. Il mio essere è l'ascolto.
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